Basta soltanto dirsi: ecco, noi siamo qui, ora, così.
La storia, quella cosa che rappresenta l’esistere degli uomini nel tempo e nello spazio, con le loro fortune e le loro sfortune, con le loro nobiltà e le loro miserie, quella cosa forse ha insegnato poco, sempre. Ma in questo tempo insegna anche meno di quel poco, quasi niente. Se insegnasse molte scelte in tutti i contesti e a tutti i livelli sarebbero diverse. Basterebbe soltanto che insegnasse qualcosa la storia del Novecento, per non andare lontano. Sarebbe diverso il mondo, per esempio.
Abbiamo bisogno di conoscere quello che è stato, per non ricominciare sempre tutto daccapo, per non improvvisare in continuazione. Abbiamo bisogno di imparare la storia e di qualcuno che la insegni. Soprattutto che la insegni bene. Quello della storia è l’insegnamento più difficile. La storia ha innumerevoli trame, innumerevoli intrecci, una folla sconfinata di personaggi, mutamenti continui, vorticosi, di prospettive, contraddizioni, significati palesi e nascosti. La storia è la materia più difficile. In storia due più due fa sempre tre, cinque, dieci, cento, mille. Quasi mai fa quattro. A volte, quando fa quattro, può darsi che si sia sbagliato il conto. Non esiste una disciplina che si possa insegnare ed apprendere senza insegnare ed apprendere la storia, per il semplice fatto che ogni disciplina è pensata ed elaborata da uomini. Uomini e storia sono sinonimi. Quindi la storia dev’essere insegnata da tutti coloro che hanno conoscenza di qualcosa che riguardi gli uomini, e non c’è chi non ne abbia. Dev’essere insegnata in ogni luogo perché non c’è luogo in cui non possa essere insegnata. Un insegnamento continuo, trasversale, diffuso, organico ma anche disorganico, spontaneo. La storia dev’essere insegnata a scuola, certo, in modo intenzionale e sistematico. Ma non basta. Anche un giornale deve insegnare la storia, anche un poeta, un narratore, un politico, un economista, un pittore, un sacerdote, un marinaio, un aviatore. Devono insegnare la storia tutti quelli che non cito perché l’elenco sarebbe infinito. Ciascuno a suo modo. Lo si potrebbe anche considerare un dovere. La società deve insegnare la storia e far comprendere quali sono le cause e quali sono gli effetti di ogni fatto, di ogni fenomeno, ogni cosa, quale terreno, quale radice, quale tronco, quale coltivazione e quale sogno hanno portato a maturazione il frutto che si sta assaporando.
Allora probabilmente sbagliavo quando ho detto, qualche riga sopra, che la storia è la disciplina più difficile da insegnare. In fondo, metodologicamente, è la più semplice. Basta soltanto dirsi: ecco, noi siamo qui, ora, così. Vediamo di capire chi siamo noi, perché siamo qui e perché il qui è nel modo in cui lo vediamo, perché siamo così come siamo, perché ora è diverso da allora e perché chi c’è ora è diverso da chi c’era allora, che cosa ha provocato il cambiamento di noi, del qui, del così.
Ecco, il metodo è semplice davvero.
Poi comincia il groviglio delle risposte, delle ipotesi, delle analisi, delle comparazioni, dei distinguo, delle interpretazioni. Ma il bello dell’insegnamento e dell’apprendimento della storia sta proprio nel tentativo di sgrovigliare il groviglio.