Girolamo Comi, la poesia che sfiora l’universo

di Antonio Errico
giovedì 29 Maggio 2025

Per Comi, la conoscenza è contenuta nella promessa della prima aurora conosciuta.

Se Vittorio Bodini graffia  la pelle con le sue parole rigonfie di figure che risalgono dalla memoria, dal sogno, dall’abisso del significato; se Vittorio Pagano provoca vertigini con i suoi versi che girano e girano, si avvoltolano, sprigionano energia di immagini, ricompongono macerie, Girolamo Comi prende colui che legge, lo solleva da terra, lo porta lontano, nell’armonia dell’azzurro, su vette d’argento, nella luce delle albe, sfolgorante,  nella spossata serenità dei tramonti. Lo mette in relazione con l’assolutezza dell’amore; con quella “Ragion d’amore” che “in me fulge ogni giorno”, con il pensiero che geme arso dal fuoco di bellezze estreme, con le apparizioni di lei, i caldi tremori, le tenerezze. Bodini e Pagano non si staccano mai dal suolo; anzi, sono costantemente richiamati, tentati, dal sottosuolo, dai misteri della terra, delle sue creature. Comi, invece, sulla terra non ci vuole stare. Forse non ci sa stare. Comi s’innalza sedotto dai violini del sole, dagli arcobaleni di accordi. Sospetta – o ha certezza- che soltanto nel volo verso regioni celesti può trovare realizzazione il desiderio della conoscenza che consiste nella sintesi sostanziale di ragione, percezione, emozione nei confronti del creato e del suo Creatore. Così il Cantico del creato diventa l’espressione attraverso l’umiltà della parola di un razionale stupore generato dalla consapevolezza di una vibrazione originaria. Ho riattraversato in questi giorni le “Poesie” del poeta di Lucugnano, nell’accurata edizione che Antonio Lucio Giannone e Simone Giorgino hanno confezionato per Musicaos. La lettura di Girolamo Comi pretende una diversa visione del mondo, rispetto a quella che richiedono Bodini e Pagano. Probabilmente ha bisogno anche di una diversa idea di poesia e della relazione tra la poesia e la terra che si abita. Ma forse vuole soprattutto una diversa idea di conoscenza e del processo che alla conoscenza conduce. Se per Bodini e Pagano la conoscenza si realizza prevalentemente attraverso la percezione, il sentimento palpitante, l’emozione fremente, per Comi si realizza attraverso una sintesi complessiva, che congiunge passione e ragione, stupore e osservazione che si costituisce come condizione di verifica dello stupore. Per Comi, la conoscenza è contenuta nella promessa della prima aurora conosciuta.  A volte si ha l’impressione che il tempo sia tutto compreso e sospeso in una bolla luminosa e silenziosa, nella quale ogni cosa e ogni esperienza ha principio ma non ha conclusione perché diventa respiro silenzioso dell’universo. Giannone avverte “un senso di fiduciosa attesa nel compimento della vita e di abbandono pieno e totale nel grembo della divinità, paragonato a un ideale ritorno all’età d’oro dell’infanzia”. Ogni esperienza dell’essere e dell’esistere si propone come espressione di una predestinazione che esclude quasi del tutto la volontà. Accade perché nei giri incessanti dell’universo è previsto quell’accadimento. Ogni creatura è parte di un disegno. Girolamo Comi non vuole penetrare nei significati del disegno. Vuole soltanto avvertirne la poesia.  

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