Quelli che ora hanno tra in quaranta e i cinquant’anni, quell’età dolceamara, sospesa, altalenante, che mescola il sapore del presente e del passato, che come in un dormiveglia confonde volti e voci, quelli che hanno i capelli quasi tutti bianchi…
Quelli che adesso dormono poco, quelli che non hanno imparato a rinunciare, quelli che pensano sempre che sia un gioco alzarsi ogni mattina, prendere il caffè…
Quelli che qualcuno dice che sono arrivati, che si sono realizzati nel lavoro e nella vita e che si sentono, invece, sempre a un punto di partenza, sempre precari, eterni studenti…
Quelli che sono sempre incerti sul da farsi, anche se ostentano sicurezza e decisione, quelli che dietro la scrivania di un giornale, tra i banchi di una scuola, nelle corsie di un ospedale, cercano il senso profondo, una poesia, che li spinga a riprendere, a continuare…
Quelli che fanno i manager o che con due lauree sono in lista d’attesa al collocamento, quello che fanno i poeti, i teatranti, i rappresentanti di tutto e di niente, sono quelli che si fermano per dare un passaggio sapendo com’è quando si resta a terra.
Quelli che hanno imparato a contare le assenze. Quelli che ogni sera fanno i bilanci. Quelli che fanno gli equilibristi sugli argini dei baratri che gli si aprono davanti. Quelli che nascondono la nostalgia per darsi un tono. Quelli lì.